IL PUNTO DI PAOLO UGGÈ

Settembre 11, 2019
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IL PUNTO DI PAOLO UGGÈ

Dopo il periodo estivo con l’avvio di quello che viene annunciato come un “mutamento”, (la speranza è che sia diverso da quello assicurato dal passato governo) stiamo entrando in quella che, secondo le intenzioni di chi si presenta agli italiani come il “Governo del cambiamento”, dovrebbe essere una fase totalmente nuova e diversa rispetto a quella vissuta nei 14 mesi trascorsi.

Lo speriamo vivamente, anche se la permanenza di chi aveva assicurato di “aver sconfitto la povertà”; e di chi aveva annunciato un “anno bellissimo” suscita perplessità. Gli italiani, ritengo, siano stanchi delle urla sguaiate, slogan e promesse e si attendano un periodo nel quale tutti insieme si lavori per dare prospettive serie alla nostra economia e ridare speranza soprattutto ai giovani.

Perché questi auspici abbiano a realizzarsi occorrono alcune condizioni. Innanzitutto va recuperato il senso del rispetto delle istituzioni. I primi esempi dovrebbero provenire da coloro che ricoprono cariche pubbliche che dovrebbero sempre ricordare di essere al centro dell’attenzione dei cittadini. Quindi l’esempio deve in assoluto venire da loro.

In secondo luogo i media che hanno una grande responsabilità. Dare spazio a chiunque, anche a coloro che spesso non sanno cosa dicono, sia un personaggio pubblico perché ha avuto in dono dal buon Dio la voce, la bellezza o la capacità di trasmettere emozioni, non sempre è producente di positività. Onestamente ritengo sia meglio, soprattutto per i giovani, che ad esprimersi su argomenti riguardanti la via della vita costruita su problemi sociali e politici siano persone che abbiano una conoscenza dei principi fondamentali sociologici, filosofici e culturali. Utilizzare la notorietà per trasmettere opinioni ed indicare quella che è la “giusta via” da intraprendere solo perché si è presenti sui media ogni giorno, non mi pare possa essere la strada giusta. Eppure di esempi ne abbiamo a iosa.

Sentire le dissertazioni di un cantante, di una avvenente attrice o ballerina o di una ragazzina, portata ad esempio come massima espressione di verità sui cambiamenti climatici, suscita qualche perplessità. Così come farsi curare una infezione di origine virale da uno stregone del centro Africa.

Nei media, pur nelle diversità di visione, esistono opinionisti di livello in grado di esprimersi più o meno con una certa competenza e libertà su temi complessi dell’economia e sui fenomeni presenti nella società. Dare spazio a chi non ha competenze e conoscenze non aiuta la crescita del Paese.

Naturalmente questo non significa voler togliere il diritto di esprimersi ma evitare che torni nella fase dei “cattivi maestri”. Chi ha vissuto quei periodi conosce le conseguenze di quella fase storica. È invece compito di chi ha la possibilità di interloquire di favorire una crescita fondata sul sapere e sulla consapevolezza e di operare per diffondere i valori reali che si reggono su fondamenta solide e non sulla arena della faciloneria o peggio ancora sulla bieca demagogia.

Oggi spesso si sente dire: “io dico quello che penso”. Chi ha senso di responsabilità “pensa invece a quello che dice”. Preferisco quello che amava ripetere Alda Merini. “Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire” Forse queste considerazioni non troveranno la condivisione di tutti. Me ne scuso! Mi piacerebbe però che fossero valutate come un invito a riflettere su un fatto incontestabile che è quello che spetta a ciascuno di noi: scegliere su quale strada appoggiare i piedi. Diceva Vincent Van Gogh: “la normalità è una strada asfaltata; è comoda per camminare, ma non vi crescono i fiori”.

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